UN LABORATORIO DI SCIENZA E ARTE A CALITRI
La tradizione artigiana

Abbiamo già detto che, per realizzare la nostra collezione, abbiamo seguito i progetti originali dell'Exploratorium, realizzati da F. Oppenheimer e dal suo eccezionale gruppo di costruttori

Chiediamo, però, che venga riconosciuta a nostro merito la capacità di aver saputo utilizzare quei progetti. Non è affatto automatico, infatti, passare dalla lettura delle schede dei Cookbooks alla ricerca dei materiali da esse indicati e, infine, alla messa a punto di apparecchi davvero funzionanti! Il fatto che, in Italia, solo poche iniziative siano riuscite nello stesso intento è dipeso anche dalla difficoltà insita nell'affrontare fiduciosamente tutte le fasi costruttive.

Dobbiamo ammettere tuttavia che, rispetto ad altri tentativi di cui siamo a conoscenza, abbiamo goduto di un indubbio vantaggio: la fortuna di vivere in una comunità in cui la tradizione artigiana è ancora valida. Questo ci ha permesso innanzitutto di valutare bene i costi degli exhibit che intendevamo costruire e i relativi rischi d'insuccesso. E poi, nelle fasi più delicate del lavoro, di far affidamento su varie abilità specialistiche, da quelle dei colleghi insegnanti del locale Istituto d'Arte a quelle di falegnami, fabbri, vetrai, elettricisti, tappezzieri, ecc. Così pur non possedendo un vero e proprio laboratorio di produzione di exhibit, abbiamo potuto impiegare, volta per volta, attrezzature e risorse di botteghe diverse.

Il fabbro Giovanni De Nicola, detto Giannino, al tornio

Il risvolto inaspettato di questa collaborazione è stato il confronto sempre più stretto tra il nostro sapere e il saper fare degli artigiani, in una gara sempre più esaltante tra pensiero e azione e tra intuito e mestiere. Vi abbiamo scorto una dimensione che, secondo noi, è ancora più istruttiva dell'uso pedagogico finale degli exhibit stessi. D'altra parte è noto che, lavorando, si impara a lavorare e si sviluppa l'ingegno. Eppure la pratica educati va corrente sembra sostenere l'opposto, tanto è vero che le materie tecniche e applicative vengono sempre più studiate sul libro di testo piuttosto che in laboratorio. Senza parlare, poi, della fisica, delle scienze naturali, della chimica, delle lingue e della stessa informatica.

Le diverse tradizioni del sapere

Non è un mistero che nella didattica di tutte le discipline ha prevalso l'indirizzo, contrario alle principali tesi pedagogiche, che non solo giustifica la separazione del lavoro manuale da quello intellettuale ma attribuisce al secondo un valore superiore al primo. A noi stessi, allorché imboccammo la strada degli studi scientifici, sembrò quasi ovvio di dover lasciare definitivamente dietro di noi la cultura degli strumenti, sulla quale si fondava la civiltà contadina e artigiana delle nostre origini. Oggi, invece, siamo testimoni del fatto che quella strada, da noi percorsa col desiderio di capire e di voler spiegare meglio ciò che si studia, ci riporta nelle stesse botteghe e sugli stessi arnesi dai quali ci eravamo allontanati.

Questo, in verità, non dovrebbe essere considerato strano, perché le scienze moderne nacquero proprio dai mestieri e dalle tecniche manuali degli artigiani. Ma se per noi è stato motivo di sorpresa, vuol dire che l'impostazione dei nostri studi ha seguito il solco di una tradizione completamente diversa.

Storici autorevoli sostengono che la scienza è attraversata da una frattura - mai del tutto colmata - che separa, fin dal seicento, le scienze classiche da quelle strumentali. Non crediamo di sbagliare se pensiamo che tale frattura abbia interessato, oltre che le scienze, ogni altra forma di sapere umano e che sul suo taglio siano state decise tutte le scelte sull'educazione.

Un laboratorio "rinascimentale "

L'evoluzione della nostra esperienza di costruttori di exhibit non è giunta ancora ad una fase conclusiva. Ma, per quanto detto, abbiamo la convinzione che il suo sbocco naturale non possa essere che quello della proposta di un nuovo modello educativo. Tale proposta, sulla quale dobbiamo ancora soffermarci a discutere, dovrà tendere a saldare la frattura nel sapere di cui di cui abbiamo parlato prima, evitando di ricadere nella dominazione del formale sul pratico che, secondo noi, ha svuotato di valore i curricoli scolastici e ha reso più critico il ruolo sociale della scuola.

I professori Luigi Simone e Canio Di Roma nel laboratorio
dell'Istituto Statatale d'Arte "S.Scoca" di Calitri
mentre realizzano l'exhibit "Ruote Quadrate"

Pensiamo, intanto, di proseguire il nostro lavoro realizzando un vero e proprio laboratorio dove chi sa insegni a chi ancora non sa, dove si affrontano sia le soluzioni dei problemi pratici, immediati, sia di quelli in cui è necessaria una fase intermedia di calcolo e di studio. Un laboratorio in cui si abbia, insomma, il piacere di raggiungere la concretezza dei risultati e la consapevolezza dei metodi. Produrremo exhibit interattivi, ma anche prototipi di altri strumenti.

Ci piace pensarlo come un laboratorio di scienza e di arte che da punti di vista differenti insegnino davvero a guardare alla natura in modo completo. Dovrà essere un laboratorio di tipo rinascimentale, di quelli sorti in Italia ben cinque secoli prima dell'Exploratorium di San Francisco, eppure straordinariamente coerenti con esso.

Il tessuto del nostro paese, come abbiamo già detto, ci consente di prefigurare una tale possibilità, anzi noi già immaginiamo di poter utilizzare l'abilità, o meglio, l'ingegnosità di tante persone sia nell'ambito delle arti tradizionali, sia nell'ambito delle arti nuove, ossia dell'informatica e della telematica, che abbiamo già ampiamente utilizzate nel corso delle realizzazioni finora effettuate. Siamo coscienti che questo progetto ha bisogno di un indirizzo deciso e di una struttura organizzativa e finanziaria adeguata, cose molto difficili da trovare, purtroppo, nel momento e nella realtà in cui viviamo. Non sappiamo se vi riusciremo o se dovremo rinunciarvi.

Nessuno, però, può impedirci di contemplare l'ideale.


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